COVID 19 - La variante Delta (B.1.617.2)
L'ultimo report dell'Istituto Superiore di Sanità ha evidenziato la sempre maggiore diffusione della variante Delta (VOC) su territorio nazionale.
Il 9 luglio 2021 l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un nuovo rapporto riguardo la prevalenza e la distribuzione delle varianti di SARS-CoV-2 evidenziando un incremento della diffusione delle varianti indiane, ossia la variante Kappa (B.1.167.1) e Delta (B.1.617.2), su territorio nazionale. In particolare, si è verificato un aumento della percentuale di casi causati da tali varianti dal 5,2% del mese di maggio 2021 al 27,7% del mese di giugno, che per la quasi totalità appaiono ascrivibili alla variante Delta.
Contestualmente, è stata evidenziata una riduzione rispetto al precedente rapporto della diffusione della variante Alfa (B.1.1.7), che rimane prevalente al 57.8% (in calo rispetto al 88.1% di maggio 2021) e presente in tutte le regioni e province autonome italiane, soprattutto Friuli Venezia Giulia, PA di Bolzano, Abruzzo e Sardegna.
La variante Delta
La variante Delta (B.1.617.2) è stata identificata per la prima volta in India nell’ottobre 2020 e si è rapidamente diffusa in più di 85 nazioni; dai dati attualmente disponibili essa risulta avere una trasmissibilità maggiore del 55% rispetto alla variante Alfa e maggiore del 97% rispetto al virus originale.
Attualmente, si tratta della variante dominante in India, Regno Unito e Mosca (Russia).
Sin da subito questa variante ha destato preoccupazione per la presenza all’interno della proteina spike di numerose mutazioni che faciliterebbero il legame del virus con le cellule umane e gli permetterebbero di eludere il sistema immunitario.
La preoccupazione della comunità scientifica si è manifestata per la presenza di un elevato numero di contagi in paesi in cui le precedenti ondate della pandemia avevano già causato l’infezione in una grande fetta della popolazione, come l'India 1, e in paesi in cui la campagna vaccinale era già ben avviata avendo garantito una percentuale alta di soggetti immunizzati, come la Gran Bretagna. Pertanto, è diventato prioritario valutare l’eventualità che le nuove varianti potessero infettare e provocare malattia severa in pazienti convalescenti e/o vaccinati contro SARS-CoV-2. Diversi studi hanno dimostrato che queste varianti sempre più diffuse presentano mutazioni all'interno della proteina spike, in siti antigenici riconosciuti da anticorpi con attività neutralizzante 2, 3, >4.
Per valutare la capacità delle varianti indiane di eludere il sistema immunitario di soggetti precedentemente contagiati da SARS-CoV-2 e/o vaccinati, sono stati condotti diversi studi: uno studio israeliano 5 ed un recente studio 6pubblicato su The New England Journal of Medicine hanno analizzato la capacità di neutralizzare le varianti virali del siero di individui convalescenti e di quelli vaccinati concludendo che tutti i campioni di persone infette e vaccinate hanno mostrato una minore capacità di neutralizzare entrambe le varianti Kappa (B.1.617.1) e Delta (B.1.617.2) rispetto al virus originario di Wuhan; in particolare, la variante Kappa risulta 6.8 volte meno suscettibile, mentre la variante Delta risulta circa 2 volte meno suscettibile alla neutralizzazione mediante siero rispetto al virus originario. Ciononostante, dallo studio è emerso che la capacità di neutralizzare il virus è comunque presente e rilevabile contro entrambe le varianti fino a 3 mesi dopo l'infezione o dopo la seconda dose di vaccino.
Ad oggi, i dati clinici ed epidemiologici disponibili riguardanti l’infezione da variante Delta (B.1.167.2) sono ancora esigui.
Un recente lavoro indiano 7 ha analizzato i pazienti ricoverati in terapia intensiva nei due mesi della seconda ondata di aprile e maggio 2021 in un ospedale di cura terziaria a Nuova Delhi, evidenziando che la maggior parte dei pazienti (76,83%) aveva un'età superiore ai 50 anni e che le comorbilità mediche associate più comuni erano l'ipertensione (41,46%) e il diabete mellito (39,48%). Inoltre, la maggior parte (76,83%) di questi casi non era vaccinata e il 23,17% aveva assunto una singola dose di vaccino; nessuno dei ricoverati aveva ricevuto due dosi di vaccino.
Un ulteriore studio 8condotto in Scozia e riguardante le ospedalizzazioni ha evidenziato che la variante Delta sembra colpire individui più giovani rispetto a quelli colpiti dalle precedenti versioni del virus e che il rischio di ricovero ospedaliero per COVID-19 sembra approssimativamente raddoppiato rispetto ai pazienti contagiati dalla variante Alpha, particolarmente in quelli con cinque o più comorbilità rilevanti. Invece, sia il vaccino Vaxzevria sia Comirnaty sono apparsi efficaci nel ridurre il rischio di infezione da SARS-CoV-2 e il ricovero in ospedale.
Per quanto riguarda i decessi, i dati di un lavoro indiano in via di pubblicazione 1 che risale ad inizio giugno mostrano riguardo alla variante Delta (B.1.617.2) un'elevata trasmissibilità senza alcun aumento di letalità; a conferma di ciò, l’ECDC riporta uno studio proveniente dalla Gran Bretagna che suggerisce una letalità dello 0,3% della variante Delta contro il 2% della variante Alfa.
L’efficacia vaccinale
Alla luce della diffusione della variante Delta in paesi in cui la campagna vaccinale è ben avviata, si è manifestata l’esigenza di valutare l’efficacia dei vaccini anti-SARS-CoV-2 contro l’infezione e la malattia.
Diversi studi 6, 9 hanno concluso che la vaccinazione completa con Comirnaty e Vaxzevria offrirebbe una protezione contro l’infezione quasi del tutto equivalente a quella garantita contro le altre varianti, mentre sembrerebbe maggiormente inficiata la percentuale di efficacia assicurata dalla somministrazione di una singola dose di vaccino. In particolare, un recente lavoro del Regno Unito ha valutato una riduzione dell’efficacia del vaccino contro la variante Delta, dopo singola dose, di circa il 20 % (33,5% rispetto a 51,1%), mentre riguardo la schedula vaccinale completa l’efficacia è calata del solo 6% (per Comirnaty da 93,4% a 87,9%; per Vaxzevria dal 66,1% al 59,8%).
Pertanto, nonostante l’efficacia di una singola dose di vaccino nel prevenire il contagio si sia dimostrata significativamente minore, sembrerebbe mantenuta l’elevata capacità protettiva nei confronti delle ospedalizzazioni per entrambi i vaccini.
Per quanto riguarda la vaccinazione con gli altri due vaccini in commercio, ossia Spikevax (ex COVID-19 Moderna mRNA-1273) e Johnson & Johnson-Janssen, i dati risultano paragonabili a Comirnaty per il primo ed esigui per il secondo. È del 14 luglio uno studio sull’immunogenicità ed efficacia per il vaccino Johnson & Johnson-Janssen 10 che ha confermato lo sviluppo della risposta anticorpale neutralizzante non solo contro il virus originario ma anche contro le varianti virali, comprese le varianti indiane.
La situazione vaccinale in Italia (aggiornata al 16/07/2021)
In Italia la campagna vaccinale, iniziata il 27 dicembre 2020, sta avanzando a pieno ritmo; la percentuale di persone che, ad oggi, ha completato il ciclo vaccinale risulta pari al 48,3% della popolazione sopra ai 12 anni.
Le fasce di età che risultano maggiormente scoperte dall'immunizzazione sono da ricercare soprattutto tra i giovani, per i quali la campagna vaccinale è partita solo recentemente. In particolare, tra i ragazzi che hanno tra i 12 e i 19 anni di età solo l’8,23% gode della copertura vaccinale.
Percentuali sensibilmente più alte possono essere riscontrate nelle le fasce di età 20-29 anni, con il 22,9% di persone che ha completato il ciclo vaccinale, e il 25,99% tra i 30-39 anni.
Il vaccino maggiormente somministrato fino ad ora è stato il Comirnaty (Pfizer BioNTech), seguito dal Vaxzevria (AtraZeneca), e Moderna. Il vaccino monodose Jenssen, invece, è stato distribuito in minori quantità, motivo per cui risulta difficile reperire dati sulla sua efficacia, soprattutto nei confronti delle varianti.
Basandosi sulla media di dosi somministrate in un giorno, prendendo in considerazione l’ultima settimana, è stimato il raggiungimento della copertura vaccinale per l’80% della popolazione italiana, al 30 agosto.
Dal momento che, in questo periodo estivo si sta assistendo ad un fisiologico rallentamento della campagna, risulta quindi ancora più importante sollecitare l’adesione da parte dei soggetti che ancora rimangono privi di copertura vaccinale, in modo tale da garantire un immunizzazione adeguata anche nei confronti delle nuove varianti emergenti.
Misure di prevenzione
Le principali misure di contenimento del contagio da attuare in risposta alla diffusione della variante Delta in Europa sono quelle già note per le altre varianti: vaccinazione, interventi non farmacologici, controllo dei viaggi, capacità di testing/sequenziamento della variante e contact tracing.
Come già ampiamente discusso la vaccinazione è di primaria importanza; in particolare, è fondamentale raggiungere la vaccinazione completa in tutti i gruppi a rischio maggiore di forme gravi della malattia, velocizzando questo processo anche valutando di ridurre l’intervallo tra prima e seconda dose al minimo possibile, secondo le informazioni dei produttori di ogni vaccino supportate da studi clinici e osservazionali.
Gli interventi non farmacologici principali invece comprendono il distanziamento sociale, l’igiene delle mani e l’uso di mascherine.
Fondamentale risulta essere anche la gestione delle entrate e uscite dai Paesi, per limitare la diffusione del contagio: in tal senso la recente introduzione del green pass in Europa può rappresentare una risorsa importante.
Per quanto riguarda il contact tracing, esso rappresenta un elemento chiave per bloccare le catene di trasmissione del contagio, soprattutto in contesti in cui vi è una bassa circolazione del virus.
Infine, la capacità di testing delle varianti virali permette l’efficace e tempestiva valutazione epidemiologica del trend di diffusione, attraverso un sequenziamento del genoma virale o la ricerca di mutazioni specifiche.
L’importanza di queste misure di contenimento è stata sottolineata dal threat assessment dell’ECDC, nel quale si stima che una loro riduzione, anche qualora fossero mitigate solamente del 50%, porterebbe ad un aumento dei casi, delle ospedalizzazioni e dei morti.
Pertanto, il mantenimento di tali misure di contenimento e l’aumento della copertura vaccinale rimangono le principali azioni che permetteranno di ridurre le possibilità di un picco autunnale di significative proporzioni.
Fonti / Bibliografia
- IndiaMahesh S Dhar, Robin Marwal, VS Radhakrishnan, et al. Genomic characterization and Epidemiology of an emerging SARS-CoV-2 variant in Delhi. medRxiv 2021.06.02.21258076; doi: https://doi.org/10.1101/2021.06.02.21258076
- Liu Z, VanBlargan LA, Bloyet LM, Rothlauf PW, Chen RE, Stumpf S, Zhao H, Errico JM, Theel ES, Liebeskind MJ, Alford B, Buchser WJ, Ellebedy AH, Fremont DH, Diamond MS, Whelan SPJ. Identification of SARS-CoV-2 spike mutations that attenuate monoclonal and serum antibody neutralization. Cell Host Microbe. 2021 Mar 10 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33535027/
- Plante JA, Mitchell BM, Plante KS, Debbink K, Weaver SC, Menachery VD. The variant gambit: COVID-19's next move. Cell Host Microbe. 2021 Apr 14; https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33789086/
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- Lustig Yaniv, Zuckerman Neta, Nemet Ital, Atari Nofar, Kliker Limor, Regev-Yochay Gili, Sapir Einav, Mor Orna, Alroy-Preis Sharon, Mendelson Ella, Mandelboim Michal. Neutralising capacity against Delta (B.1.617.2) and other variants of concern following Comirnaty (BNT162b2, BioNTech/Pfizer) vaccination in health care workers, Israel. Euro Surveill. 2021; https://doi.org/10.2807/1560-7917.ES.2021.26.26.2100557
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- Raju Vaishya, Anupam Sibal, Himani Sharma, Sujeet Kumar Singh, Lack of vaccination and associated comorbidities predispose to the need for intensive care in individuals infected with the delta variant – A case cohort study from a tertiary care hospital in New Delhi, India, Diabetes & Metabolic Syndrome: Clinical Research & Reviews, Volume 15, Issue 4, 2021, https://doi.org/10.1016/j.dsx.2021.102203.
- Aziz Sheikh, Jim McMenamin, Bob Taylor, Chris Robertson, SARS-CoV-2 Delta VOC in Scotland: demographics, risk of hospital admission, and vaccine effectiveness, The Lancet, Volume 397, Issue 10293, 2021 https://doi.org/10.1016/S0140-6736(21)01358-1.
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New England Journal of Medicine https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMc2108829